Il Romanzo di Simona Lo Iacono “VIRDIMURA” Guanda Editore

Scritto da: Gabriella Maggio

Ciò che rende la Sicilia una dimora letteraria unica e veramente speciale è il racconto ininterrotto e serrato che i suoi scrittori ne hanno fatto con maggiore intensità e con una pronuncia sempre più riconoscibile, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per arrivare ai giorni nostri. Una realtà di frontiera, a cavallo di culture diverse, che è un crogiuolo di esperienze esistenziali e storiche, è stata proposta, per forza di scrittura, come metafora del mondo attraverso una varietà di voci e di sguardi acuminati e dolenti costituendo una tradizione forte e vitale. (Domenica Perrone – In un mare d’inchiostro – ed.Bonanno). In questa dimora letteraria si colloca l’opera di Simona Lo Iacono, voce intensa ed originale della narrativa contemporanea non soltanto siciliana. Da Le Streghe di Lenzavacche del 2016 a Il morso del 2017, al Mistero di Anna del 2022 fino al recentissimo Virdimura la scrittrice siracusana narra la Sicilia attraverso la storia di donne “contro corrente” dotate di uno sguardo divergente sul mondo, fedeli alle storie et alla fantasia et alla pietate, seguendo la strada tracciata da Corrada Assennato. Forte come le mura che cingono Catania. Verde come il muschio che affiora dal duro… ti chiamerai Virdimura con queste parole il medico Urìa dà il nome a sua figlia dopo una lunga ricerca del “segno” propizio alla scelta di un nome non casuale, legato alla sacra liturgia della natura. Insegna alla figlia, come ha promesso alla madre, morta nel partorirla, le cose che reputava importanti nella vita, stare con le persone che leggono, che amano, che hanno compassione. Virdimura è nata nella Catania nel XIV sec. da una donna ebrea impura e con coraggiosa determinazione comprende che deve dedicarsi come il padre Urìa a curare i diseredati, creature fraterne, cariche di mistero, consapevole che l’arte medica non cura soltanto il corpo ma anche l’anima con l’ascolto e la compassione. Non c’erano solo le piante a fornire la cura, le insegnava Urìa, ma la musica. Il ritmo. Il bagno in mare. La conversazione con i poeti. L’osservazione delle stelle. Nel 1376 Virdimura è la prima donna ad ottenere licencia praticandi in scientia medicine circa curas phisicas corporum humanorum, maxime pauperum davanti alla Commissione di giudici presieduta dal Dienchelele. Di questa antica donna medico l’Archivio di Stato di Palermo conserva un documento assai scarno, quello in cui le si conferisce la licencia. Simona Lo Iacono ricrea con fine sensibilità ed empatia la storia di Virdimura dall’epilogo, dal racconto di sé che la donna fa ai giudici che l’esamineranno nell’arte medica. Virdimura, come Urìa ed il marito Pasquale, vive in armonia con la natura e gli uomini, lontana dalla città talvolta ostile, dove regnano l’avidità ed i pregiudizi. Tutti e tre avvertono lo grido degli ultimi che sale dalla terra, e si mettono al loro servizio. La Catania di Virdimura era la più bella delle città. Popolosa. Gloglottante. Colma di ebrei, musulmani, arabi, cristiani. Nessuno parlava una sola lingua, masticavamo un po’ tutti i dialetti…non diversa dalle città d’oggi multietniche. Da quel tempo antico a noi moderni giunge un messaggio, un invito a considerare preziosa la nostra vita, a viverla con consapevolezza attraverso lo studio, l’amore, la compassione, prendendoci cura dell’altro soprattutto se è debole, senza dimenticare la sacra liturgia della natura. La frase di Veronica Roth, in limine, è emblematica e guida il lettore nell’interpretazione attualizzante: “Ma ora ho imparato un’altra cosa. Possiamo guarire, se ci curiamo a vicenda”. Nel romanzo Virdimura senza fratture né conflitti conquista la propria identità e la sua reale parità con gli uomini. Mentre intorno a lei le altre donne sono succube di pregiudizi di uomini autoritari. Il convincimento che l’uomo è un essere confinato che cerca eternamente di sconfinare è la filosofia sottesa alla storia e fa da freno e da guida al comportamento dei personaggi principali. Un alone di favola avvolge la narrazione per la continua allusione a un sapere antico e saggio che lega l’uomo all’uomo e alla natura; per il senso del viaggio che con le diverse esperienze che offre ai personaggi maschili, Urìa, Josef, Pasquale, li forma e ne mette in luce la tempra che oggi possiamo definire eroica; per il luogo separato dalla città dove vive la protagonista sulla riva del mare, presso una saia, e organizza nella sua casa –laboratorio-ospedale-biblioteca, un asilo per chi ne ha bisogno, offrendo in maniera disinteressata le sue cure, frutto di un sapere armonioso e vitale acquisito studiando le piante e le pietre; per la lingua poetica con intarsi dialettali e di italiano antico.

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