Lettera aperta al Signor Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

Scritto da: La redazione di Spazio Cultura

Cari amici di Spazio Cultura,

desideriamo condividere con tutta la Comunità la lettera scritta dalla nostra amica Laura Ephrikian in cui lancia un accorato appello a tutti noi per ricordarci la non ancora risolta “questione armena”.

Sig. Presidente della Repubblica Italiana,

per la stima, l’enorme considerazione morale, finanche in nome dell’affetto che io per prima, e con me tutta la comunità della diaspora armena in Italia nutriamo nei Suoi confronti e verso la Nazione italiana, faccio appello a Lei, in quanto garante dei valori intangibili della Costituzione e del diritto internazionale, affinché voglia impegnare il nostro Paese, il Governo e il Parlamento della Repubblica italiana in difesa del diritto del Popolo Armeno a vivere in pace nei propri confini; così come Le chiedo di voler fare altrettanto a tutela del diritto degli stessi residenti al di fuori dei confini della Repubblica di Armenia a non essere discriminati e a vivere liberi di professare la propria fede cristiana, di parlare la propria lingua e di esercitare tutte le attività lavorative pur nel rispetto delle leggi vigenti nei singoli Paesi nei quali risiedono. Ciò con riferimento specifico alla regione caucasica, al Nagorno-Karabakh in particolare.

Non starò certo a ricordare a Lei il genocidio operato dagli Ottomani nei nostri confronti nel 1915, il massacro di Susa del 1920, più recentemente i ripetuti assassini, le aggressioni militari, i tentativi di invasione di cui sono protagonisti gli Azeri sotto la per noi nefasta Presidenza di İlham Əliyev in Azerbaigian.

Non è passato neanche un anno dall’accordo per il cessate il fuoco del 10 novembre 2020, con il quale l’Armenia cedeva ancora una volta parte rilevante del proprio territorio all’Azerbaigian pur di vivere in pace, che di nuovo nei giorni scorsi le milizie azere hanno valicato i confini armeni, determinando cruenti scontri in cui hanno perso la vita centinaia di giovani militari e di civili. Quell’accordo era garantito dalla Russia e dalla Turchia.

Ora, profittando delle difficoltà della Russia in Ucraina, della crisi energetica che rende preziose le forniture di gas azero all’Europa e dell’accresciuto peso internazionale della Turchia di Erdoğan, l’Azerbaigian lo sta impunemente violando e sta provocando nuove morti nella nostra terra.

Io per prima, a fronte dell’invasione russa dell’Ucraina, mi sono indignata. Sostengo con piena convinzione la posizione politica della nostra Repubblica italiana, per l’appoggio senza riserve alla resistenza ucraina. Ma Əliyev non è da meno di Putin, la ferocia dei militi azeri, che con la violazione del diritto internazionale e degli accordi pur sottoscritti appena pochi mesi fa, allineano le sue azioni a quelle dell’autocrate della Russia. È moralmente legittimo ‒ Le chiedo con umiltà ‒ aiutare gli Ucraini ed abbandonare alla propria sorte gli Armeni?

Sig. Presidente,

non sono una politica, eppure mi rendo conto che le necessità energetiche e l’ostilità attuale dell’Italia e dell’UE verso la Russia consigliano cautela ed impongono rapporti amichevoli con l’Azerbaigian. Ma queste esigenze non possono essere soddisfatte rinunciando ai valori fondanti della nostra civiltà occidentale.

Certo, all’Italia serve il gas azero, ma è giusto comprarlo col sangue degli Armeni?

Lo scorso primo settembre Lei ha ricevuto con tutti gli onori al Quirinale il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian İlham Əliyev, dichiarandosi onorato di poterlo accogliere al Palazzo della Repubblica Italiana e confermando l’intesa “strategica” con il suo Paese.

Capisco la “ragion di Stato”, eppure Le chiedo: in quella occasione Lei ha chiesto al Suo collega azero di far tacere le sue armi e di rispettare il diritto internazionale e la vita degli Armeni?

Voglio sperare che Lei abbia trovato il modo di far sentire il peso dell’Italia a difesa della più antica e pacifica nazione cristiana del mondo. Confido che così sia stato, sta però di fatto che ancora oggi le provocazioni e le violenze perpetrate dagli Azeri nelle nostre terre continuano.

La prego, Sig. Presidente,

faccia sentire la Sua voce e quella dell’Italia in difesa della pace nel Caucaso. E ci dica ‒ mi dica anche in privato se ritiene ‒ che sì, nei Suoi colloqui del primo settembre non ha mancato di spendere la Sua parola a favore del mio popolo e che l’Italia vigila in difesa del popolo armeno.

La saluto rispettosamente.

In fede

Laura Ephrikian

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