Pietro Manzella “Acqua” – Spazio Cultura Edizioni

Scritto da: Francesca Luzzio

La silloge di Pietro Manzella ha un titolo allegorico, infatti la parola “Acqua”, fa subito razionalmente pensare, così come il dipinto di Anna Maria Sannino , proposto in copertina, all’essenza liquida della vita di ogni essere vivente, che scorre nel succedersi delle ore, dei giorni, degli anni, insomma nel succedersi del tempo che , non a caso il poeta considera “limitazione del genere umano”(Il Tempo, pag.100) e ironicamente si chiede perché “non possa chiuderlo \ in una borsa di gomma \ e gustarlo a piccoli sorsi\ …” (idem).

L’accenno alla dimensione temporale induce a rilevare come la silloge si possa considerare una summa poetica poiché nella prima parte contiene poesie scritte dal 1964 al 1999, nella seconda quelle composte dal 2015 al 2019. Insomma , quasi l’intero percorso vitale, a partire dall’età adolescenziale, ha trovato nella pagina bianca la trasfigurazione lirica attraverso la quale l’io indaga, legge nella sua interiorità, nel suo poliedrico pensare e sentire nel suo essere qui ed ora , ma anche nel suo ieri, oltreché in una futura proiezione  terrena ed ultraterrena.

Così luoghi, affetti,, quale quello della figlia o della sua donna, si alternano a paesaggi, a luoghi, ad eventi cari alla memoria del poeta e spesso diventano come per Eliot o Montale, “correlativi oggettivi” del suo sentire. Pertanto, ad esempio, la celebrazione festosa di fine anno diventa strumento di un’esplicazione lirica dell’io carico del dolce-amaro della vita: “Addio vecchio anno \ con te rimangono \ i tristi ricordi \ lascia \ alla memoria eterna \ quelli lieti” (Kalendae ’67, pag.38).

Ma non solo, anche la realtà esterna, il mondo che ci circonda entra nell’alone poetico di Pietro Manzella che denuncia, ad esempio, la condizione dei poveri per i quali “… il ricco non \ piangerà …” ( La povertà, pag 69), o con amarezza, quasi preconizzando l’attuale terribile conflitto russo-ucraino, la violenza della guerra che significa solo disintegrazione.

Nella lirica “La carica”, la disposizione grafica dei due lemmi testé evidenziati attraverso il corsivo, induce anche a rilevare come il poeta, pur adoperando in genere versi liberi, ma ricchi d di tropi quali l’anafora: “Guardai il viso della gente \ … Guardai mio padre \ … Guardai i giovani \ … \ Guardai dentro me \ …” ( Lo sguardo, pag.41), il chiasmo: “ … roseo\ il nero tetro \ e nero tetro \ il roseo \ …”  (Inno II, PAG.55), etc…, risenta molto anche nel suo versificare della poetica futurista, pur essendone lontano ideologicamente, come il contenuto dei versi rivela, infatti manca la punteggiatura e pone così il lettore di fronte ad una “immaginazione senza fili,” inoltre è ricorrente il ricorso al visivismo grafico, che comunque non ha la funzione di realizzare la simultaneità, ma esclusivamente quella di porre in evidenza alcune parole e attraverso il suddetto strumento espressivo, farne emergere ulteriormente la valenza semantica.

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