L’11 novembre 1958, usciva per i tipi della casa editrice Feltrinelli, Il Gattopardo, capolavoro e unico romanzo di Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa. Il successo editoriale, in parte inaspettato, fu eccezionale, le edizioni si susseguirono una dopo l’altra con un ritmo che si riscontra in pochissimi casi per quanto riguarda il nostro panorama editoriale. Il romanzo fu tradotto in moltissime lingue, l’edizione sovietica ad esempio fu preceduta da una lunga prefazione di Mario Alicata, riscontrando ovunque il favore del pubblico. Il 7 luglio dell’anno successivo, il premio Strega, consacrava il romanzo fra le opere più importanti della letteratura italiana. Il suo autore, lo schivo e coltissimo Giuseppe Tomasi, non ebbe il tempo di assaporare quel successo, la morte lo aveva colto il 23 luglio dell’anno precedente lo stesso giorno in cui da Elio Vittorini, consulente editoriale della casa editrice Einaudi gli comunicava, senza troppi fronzoli – basta leggere l’intestazione che inizia con “Al signor …” per rendersene conto – il non interesse della sua casa editrice nei riguardi dell’opera. Si è parlato nel caso di Vittorini di un rifiuto dettato da pregiudizi ideologici, lo stesso Gioacchino Lanza Tomasi, erede e depositario della memoria dell’autore de Il Gattopardo, scrive di Elio Vittorini “ un intellettuale che, per sua collocazione, era il meno adatto a recepirlo( naturalmente si parla de Il Gattopardo)”, una versione sostenuta per anni da quanti stimavano e stimarono la scrittura del Principe, anche se più recentemente si è ridimensionato il rifiuto collegandolo alla tipologia della collana che lo scrittore siracusano dirigeva. I Gettoni di Einaudi raccoglievano infatti avanguardie e non potevano accogliere scrittori che ricreavano il modulo del romanzo ottocentesco. L’odissea editoriale aveva trovato un esito positivo grazie alla mediazione di un altro grande scrittore, Giorgio Bassani, indimenticato autore del Giardino dei Finzi Contini, il quale avendolo avuto tra le mani da Elena Croce (glielo aveva dato a leggere Giorgio Giargia un paziente della moglie del Tomasi), figlia proprio di quel don Benedetto verso il quale l’autore del Gattopardo, come ci racconta Francesco Orlando, non aveva molta stima. Bassani, e dell’interessamento di quest’ultimo lo scrittore ne ebbe contezza, si occupò della pubblicazione del libro offrendolo proprio all’editore Feltrinelli che in fatto di fiuto editoriale era ben dotato, la sua casa editrice infatti, dieci anni dopo avrebbe fatto un altro bel colpo, assicurandosi la pubblicazione in Occidente del Dottor Živago di Borìs Pasternàk. Il Gattopardo era stato concepito negli ultimi anni di vita di Tomasi, “forse in pochi mesi” come scrive Giorgio Bassani e, sicuramente, dal 1954 al ritorno da quel torneo letterario di San Pellegrino dove aveva accompagnato il cugino Lucio Piccolo di Calanovella, autore dei Canti barocchi, laureato poeta da Eugenio Montale che sol per fortuito caso aveva letto il testo. Montale, per la verità, aveva provato un certo fastidio per quel personaggio ingombrante e invadente, appunto Giuseppe Tomasi, che sembrava volere oscurare l’ormai famoso cugino. I pochi mesi per la scrittura non debbono meravigliare più di tanto perché come sottolinea Francesco Orlando e conferma lo stesso Gioacchino Lanza Tomasi, la storia l’aveva già tutta dentro. “L’idea di scrivere un romanzo- scrive Lanza – sulla reazione di suo bisnonno il giorno dello sbarco di Marsala covava in lui da lungo tempo anche se era rimasta sempre latente”, essa era dunque una dimensione spirituale che andava solo tradotta in segni grafici. E, a conferma di tutto questo, proprio Francesco Orlando, nel Ricordo di Lampedusa, raccontando la storia della gestazione del romanzo, ricorda che il Principe scriveva di getto e tuttavia nel suo manoscritto non c’erano cancellature, non c’era nulla che potesse far pensare ad un dubbio o ad un ripensamento, era come se copiasse in bella da un testo mentale dove erano state operate le modifiche, i tagli e le integrazioni che accompagnano qualsiasi lavoro di scrittura. Proprio Francesco Orlando, divenuto negli ultimi tre anni della sua vita assiduo frequentatore dello scrittore, ebbe l’onere, ma si potrebbe dire l’onore, di battere a macchina gran parte dei capitoli del romanzo. La prima notizia del romanzo, la prima comunicazione è del 31 marzo 1956, in una lettera a Guido Lajolo annunciava l’evento “sono accaduti ( o per meglio dire sono sul punto di accadere) due fatti importantissimi :1) ho scritto un romanzo ; 2) stiamo per adottare un figlio”. La lettera è spia di quello stile “magro” a cui aspirava ma che nel Il Gattopardo, nonostante tutto, non ebbe a rispettare. I due fatti annunciati accaddero davvero: il romanzo era stato scritto e Gioacchino Lanza Mazzarino nel novembre del 1956 era divenuto figlio adottivo. Un’ultima nota sull’affetto che il Principe scrittore aveva per la sua creatura ma anche per descrivere il concetto aristocratico che l’accompagnò per tutta la sua vita. In una lettera, scritta quando sentì il freddo gelido della morte sfiorarlo, raccomandava al figlio di interessarsi per la pubblicazione del libro ma, nello stesso tempo, intimava perentoriamente, perché la considerava mortificante oltraggio che tale pubblicazione non venisse fatta a proprie spese.