© 2025 Spazio Cultura Edizioni S.r.l.
cm 16×22 pp. 234 brossura
ISBN: 979-12-81032-63-7

L'ASCESA ALLA FELICITÀ

a cura di Danilo Dolci
Introduzione di Giorgio Carlo Schultze, Giuseppe Barone, Amico Dolci, Daniela Dolci

L’ascesa alla felicità vede la luce nel 1948 per i tipi della Stamperia Cesare Tamburini, una piccola casa editrice attiva a Milano da quasi tre decenni, specializzata nella pubblicazione di opere tecniche. L’edizione, in appena duecento copie, è decisamente spartana: le pagine, prima di essere rilegate, sono state probabilmente stampate con il ciclostile.
Il libro è costituito da un’antologia di massime commentate e organizzate per argomento, che condensano anni di letture e di riflessioni di Danilo Dolci.
Adesso, a distanza di oltre tre quarti di secolo, ritorna tra le nostre mani, grazie alla generosità e alla lungimiranza di amici sensibili e competenti che hanno lavorato a questa nuova edizione che ci consente di accostarci ai pensieri, ai turbamenti e alle tensioni che animavano il giovane Danilo Dolci in un momento storico difficile e complesso come quello del dopoguerra permettendoci di risalire alla radice più profonda di un itinerario che ha attraversato con intensità e originalità tutta la seconda metà del Novecento e che ancor oggi ci parla, ci interroga, ci scuote dal torpore e della confusione dei nostri giorni, invitandoci a tentare nuove strade.

© 2025 Spazio Cultura Edizioni S.r.l.
cm 16×22 pp. 234 brossura
ISBN: 979-12-81032-63-7

20,00

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L'autore

Danilo Dolci (Sesana, in provincia di Trieste ‒ oggi territorio sloveno ‒, 28 giugno 1924 – Trappeto, provincia di Palermo, 30 dicembre 1997).
Sociologo, educatore, innovatore della maieutica socratica con la maieutica reciproca, poeta, attivista infaticabile nella difesa dei più poveri, dei diseredati, degli “ultimi”, dei “banditi” dalla società; la voce dei “senza voce”, Gandhi della Sicilia e, assieme ad Aldo Capitini (1899-1968), padre della nonviolenza, in Italia. Da giovane, un ragazzo alto, robusto che come tanti altri ama nuotare o camminare tra i boschi, a cui aggiunge una sensibilità particolare: ama ascoltare e suonare la musica di J. S. Bach, Mozart, Beethoven, e soprattutto ama stare tra i suoi “amici più fedeli”: i libri. Libri che gli hanno consentito di conoscere e “dialogare” con Tolstoj, Dostoevskij, Ibsen, Bertrand Russell, Voltaire, Seneca, Euripide, Platone, Goethe, Dante, Shakespeare, la Bibbia, ma anche i classici del Buddismo e dell’Induismo. Danilo è un giovane ribelle alle leggi autoritarie e fasciste, fuggito dal carcere di Genova (1943) per rifugiarsi sulle montagne abruzzesi. È giovane studente di architettura che, per pagarsi gli studi al Politecnico di Milano (1948), insegna nelle scuole serali a studenti-operai di Sesto San Giovanni (MI). Ed proprio tra questi studenti-uomini sopravvissuti alla guerra, alla fame, allo sfruttamento che sorge in lui la domanda che lo accompagnerà tutta la vita: “Come puoi essere felice se intorno a te i tuoi fratelli vengono consumati e travolti dalla fame e dalla miseria”. E per cercare una risposta scrive un libro, il suo primo libro, questo libro: L’ascesa alla felicità. “scritto per mettere a disposizione dei giovani operai, affamati di sapere, quanto non era giusto tenessi solo per me”. Danilo Dolci, uomo di fede, che per cercare Dio tra gli uomini, abbandona tutto: università, famiglia, fidanzata per aderire alla Comunità di Nomadelfia di Don Zeno (1950). Qui trova la forza e le motivazioni per andare ad aiutare i poveri tra i più poveri, in Sicilia a Trappeto, una piccola comunità di braccianti, contadini e pescatori in Provincia di Palermo (1951). Qui inizia la sua storia che s’intreccia con la Storia d’Italia e le sue più profonde contraddizioni. Ed è qui, che tutto ciò che ha imparato, tutta la sua sensibilità, tutta la sua creatività viene messa a disposizione di chi ha veramente bisogno, riuscendo così a trasformare ogni evento, anche il più terribile e doloroso, in occasione di riflessione, in azione di riscatto sociale, in un progetto di cambiamento evolutivo. Con i suoi digiuni contro la miseria e la fame, a fianco alle famiglie povere e ai pescatori di Trappeto (gennaio 1956): “Non avete altro da portare in piazza che la vostra fame, digiuniamo insieme sulle rive del vostro mare che vi è stato tolto”, anche contro decreti che dicevano che “un digiuno pubblico è illegale, si può solo digiunare a casa propria”. Con lo sciopero alla rovescia (2 febbraio 1956), assieme ai braccianti e ai disoccupati di Partinico, che per l’occasione vollero riparare una vecchia “trazzera” comunale. Azione che lo portò in carcere dell’Ucciardone, ma che trasformò il processo in una straordinaria occasione pubblica in difesa dei diritti umani e dei lavoratori, con le testimonianze di Carlo Levi, Maria Fermi, Norberto Bobbio, Lucio Lombardo Radice e Elio Vittorini, ed in cui l’arringa del suo avvocato difensore, nientemeno che Piero Calamandrei (1889-1956), echeggiò nell’aula del Tribunale Penale di Palermo come una straordinaria lectio magistralis sui diritti costituzionali e sul valore inoppugnabile dell’art. 4 della Costituzione italiana. Con le lotte per l’acqua come diritto universale e per i campi dei contadini e la costruzione della diga sul fiume Jato (1958-1963) contro il suo controllo mafioso. Con la progettazione e costruzione della scuola primaria “Mirto” (1972) di Partinico (PA), luogo d’innovazione educativa, basato sulla “maieutica reciproca”, divenuto Centro educativo d’interesse internazionale. Con la fondazione e costruzione del “Borgo di Dio” a Trappeto (PA), concepito come un centro di percorsi e seminari in diverse discipline internazionali, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo territoriale, l’urbanistica, la sociologia, gli studi sulla pace e sull’ambiente. Oggi il Borgo continua quel dialogo mai interrotto con Danilo e con tutti quei “costruttori di speranza” che stanno lavorando per un mondo migliore, di pace, di giustizia ed equità sociale, di nonviolenza, di equilibrio con la propria “Casa Comune”.

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