Stupore e Pudore
Emozioni versate

La poesia, più di qualsiasi altra forma letteraria, soffre oggi la crisi del tempo. Consegnata alla frenesia del vivere, la comunicazione è diventata sterile trasmissione di dati essenziali allo scopo, incapace di concepire una frase che non sia strettamente assuefatta alle esigenze del pragmatico e del funzionale, come l’uso del web emblematicamente dimostra e contribuisce ad acuire.

Comunicare attraverso la poesia è invece dare spazio al respiro della parola, al volo della metafora, al sentimento dell’infinito e, quindi, restituire all’uomo d’oggi quel supplemento di anima che la società dei consumi gli sottrae ogni giorno di più, dimentica che, privato del nutrimento dello spirito, il corpo s’imbarbarisce a tal punto da non averne neppure consapevolezza e, come tale, incapace, con i suoi soli mezzi, di riappropriarsi di quell’intero che fa dell’uomo un uomo.

Questa silloge – come puntualizza l’Autore nel Preludio – «è nata per l’esigenza profonda di espellere momenti della mia vita che pressa- vano la memoria e urgevano come un vero travaglio. Se, durante la sua intensa e incessante gestazione, ha scartato la forma prosastica e ha preso le sembianze del verso, il motivo va forse individuato nella ricerca d’una espressione più libera e lieve, non costretta a correre sui binari rigidi e freddi della citazione scientifica che avevano costituito lo schema della saggistica filosofica cui avevo consacrato l’intero arco della mia vita di studioso culminata nel ruolo di professore ordinario di Filosofia Morale nell’Università di Palermo.

Se perciò questa silloge schizza un profilo autobiografico anzitutto in quanto non può prescindere dal mio punto di vista, unico e irripetibile, com’è quello di ciascun uomo, al tempo stesso prospetta un dialogo, un rapporto con l’altro, cui si sottopone offrendoglisi interamente, senza velami e ipocriti infingimenti, e, semmai, col pudore di chi intende partecipargli il proprio stupore.

(descrizione dell’Autore)